Ricerca di senso, Riflessioni

Scopo della vita e marketing professionale

picasso scopo vita

La nostra vita ha uno scopo? Una domanda che prima o poi si propone all’attenzione, col passare del tempo anche in modo prepotente, a volte angoscioso.

Frequentemente si delineano quantomeno degli obiettivi da raggiungere, di tipo esistenziale, lavorativo, affettivo, che non sempre danno l’impressione di essere raggiunti o sufficientemente ben formulati per poterli perseguire.

Su questo tema si inseriscono diverse offerte di supporto e tecniche di programmazione che sempre più paiono improntate all’aggressività, all’insistenza, alla concentrazione e pianificazione di sforzi calibrati e organizzati puntigliosamente. A quale scopo? L’agenda progettuale di chi segue questi dettami è una densa scacchiera di impegni e propositi a incastro, a leggerla si prova una sorta di sottile patema che si irradia dalla bocca dello stomaco e va a stringere la gola.

Uno sforzo temporaneo, sia chiaro. La start up in partenza, l’investimento inevitabile, la creazione del proprio futuro di rendita felice. Il moderno revival dell’ uomo che “si fa da sè”. Ma con il beneficio delle metodologie di marketing innovative e sperimentate; di sicuro successo; assolutamente valide; bisogna crederci; ripetitelo ogni mattino allo specchio; non tentare, fallo. Che sia il tuo scopo.

concentrazione potereGiovani volti tesi sull’orlo dell’esaurimento nervoso e mentale, cosa sarà mai la catena di montaggio in confronto.

Oltre allo sconcerto, c’è anche un dubbio che mi attraversa: ma sarà poi vero? Funzionerà sul serio? All’inizio pare di sì. Se resisti un triennio senza vomitare l’anima dal disgusto della bulimia di impegni e attività, vedi dei risultati, ma così eclatanti rispetto ad altre strategie? Non pare certo. Quanto stabili – tali risultati – non si saprà che alla fine. Cosa si sarà nel frattempo triturato nelle ruote della ricerca del successo, non si vedrà che a giochi fatti. Quanto sarà valsa la pena non si capirà che in conclusione di vita. Ma questo, a onor del vero,  vale per qualsasi scelta.

scala infinita2Di certo i “coach” di questi processi ottengono il risultato più comune al mondo: prosperare nel formare qualcuno a qualcosa d’altro che gli servirà per progettare qualcosa che lo porterà a un qualsivoglia  impianto (necessariamente da monitorare) che servirà ad acquisire strumenti, che potrà utilizzare per avviare processi, che porteranno a conseguimenti, che condurranno sulla strada giusta, che giustamente perseguita realizzerà lo step, cui seguirà il secondo step che opportunamente monitorato, ti farà acquisire strumenti, che avvieranno processi, che porteranno conseguimenti, che condurranno al terzo step…. crescita esponenziale, PIL personale in attivo…. successo!

Tutto questo è molto americano, molto pragmatico e molto positivista. Richiede anche una buona dose di resistenza e di “stomaco” per ingoiare inevitabili rospi relazionali in nome delle necessità procedurali.

Non intendo dire che sia tutta “spazzatura”, non c’è nulla che non abbia qualcosa di buono e interessante e notevole, davvero nulla.

epa01181280 Contortionist Lilia Stepanova performs at halftime during the Final Archery World Cup 2007 at Madinat Jumeirah outside Dubai, UAE on 24 November 2007. ANSA/EPA/ALI HAIDERAd esempio la determinazione. La concentrazione. La chiarezza mentale. La capacità organizzativa. Ecc. ecc. Tutte doti trasversali che magari ce ne fossero di più. Ma c’è  questa compulsione che toglie il sonno e il piacere dell’ozio, la spontaneità dell’imprevisto, la naturalità del percorso trasversale, lo spazio all’intuizione e alla spinta del cuore, spesso apparentemente irrazionale e disfunzionale.

E la qualità della vita? Il tempo come spazio di espansione?

Il respiro che si allarga anzichè concentrarsi? Il silenzio, l’assenza di “cose”, il tempo liberato che libera…

Se invece di tutto questo sforzo compulsivo di controllo razionale, si imparasse a seguire intuito e voci dal profondo... non so. Facilmente non si diventerebbe ricchi e famosi. Forse. Il fatto che anche così non è detto che si diventi ricchi e famosi fa un po’ preoccupare: alti costi per risultati non determinabili, perchè non possiamo determinare tutto; spesso non riusciamo a determinare neppure noi stessi. Un malore ci ferma proprio alla vigilia di quell’evento importantissimo da presenziare. Un’improvvisa amnesia ci fa perdere l’agenda. Un hacker ci distrugge i file. Una vocina dal profondo ci dice “ma sei davvero sicuuuuuuro……..?”.

Spesso non è il tempo quantitativo il problema: bastano 6 ore al giorno, per 5 giorni fa 30, l’80% del tempo medio lavorativo normale, dedicate al tuo marketing professionale. Il tuo lavoro lo fai il restante 20%”. Sconcerto. Cioè, ho magari scelto una professione perchè mi piace, e dovrei esercitarla il 20% del mio tempo/lavoro, e per l’80% dedicarmi a promuoverla. Il restante tempo/vita devo: cucinare e mangiare, fare la spesa e le pulizie, pagare le bollette, andare dal commercialista, litigare col vicino, andare a trovare i genitori, seguire eventuali familiari, fare dei corsi di aggiornamento (ovviamente), fronteggiare imprevisti, programmare le vacanze (eccerto), fare le valigie (per le vacanze e per gli eventi del marketing), fare le vacanze, tornare dalle vacanze….

cuore_soleQuanto tempo mi resta per vivere? Comprendendo pure nel vivere quel 20% dedicato al lavoro scelto e quindi un piacere…. oddio… diciamo un piacere per una media del 15%, mica son tutte rose….

Qualcosa non va. A meno che promuovermi non sia un vero piacere, cioè che io abbia la vocazione al narcisismo e mi soddisfi della mia stessa abilità di fare.

In effetti non si tratta di tempo, ma di orientamento dell’essere e di modalità di stare. Non è irrilevante per la psiche come conduciamo il nostro tempo, da quali pensieri, da quali intenti, da quali investimenti è occupato in maggioranza. Perchè se l’80% del tempo/lavoro è dedicato al promuoverlo, quanto tempo mi ritrovo occupato a preoccuparmi di come l’ho promosso, a verificare come l’ho fatto, a chiedermi se e come ce la farò?

I meccanismi del marketing non sono sciocchezze, si creano e si strutturano su conoscenze importanti dei meccanismi di massa, quelli che pagano sulla quantità. Manca però un’indagine seria sulle implicazioni psicologiche che gravano sugli attori del marketing, mentre abbondano quelle sui fruitoiri, sui clienti, insomma.

stress-italianiMolto la psicologia si è spesa per descrivere i pericoli dello stress da managment, le nevrosi proprie dei VIP, o meglio dello sforzo di rendersi tali.

Ma, complice la crisi economica e la carenza di lavoro in tutti i campi, risorge la tentazione della pianificazione e dei processi programmati, ottimi, certo, cui manca però, macroscopicamente, l’attenzione ai costi psichici spesso assai rilevanti. Come se non esistessero.

Certo non è molto più sano crogiolarsi nella sensazione di impotenza e nella dispersione di energie in “nulla”. Eppure…

Eppure c’è tutta un’altra storia che attraversa il nostro tempo. Fatta invece di riscoperta della lentezza, del “vuoto” ricco di ascolto e di at-tesa, della contemplazione e dell’azione senza affanno, dei ritmi naturali ritrovati, del piacere di fare comunità, della sacarlità della presenza all’incontro e all’amore gratis. Senza scopo, senza aspettative e ovviamente senza programmazione. Ma non per questo senza ordine e lucidità, in modalità naif o priva di strumenti anche tecnologici. Anche nella vita professionale, ebbene sì, già succede. E’ una questione, infine, di filosofia di vita. Di valori differenti. Di ascolto a voci altre, interne ed esterne. Infine, di fiducia nelle possibilità che precipitano in eventi quanto più sono allineate con l’autentiticità e con l’essere, a prescindere dal fare.

Tempi grandi, i nostri. Tempi di posizioni contrapposte, agli antipodi, strutturalmente spesso divergenti. Davvero molto, molto interessanti.

 momento sprecato

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