Lat. Crisis; dal greco Krìsis, che tiene e Krìnò, separo (figurato: decido, da Cernere). Momento che separa una maniera di essere o una serie di fenomeni da altra differente, o anche piega decisiva che prende un affare.
Questo recita il vocabolario etimologico, e dovrebbe far riflettere. I significati delle parole fanno sempre riflettere e ci aiutano a capire molto della nostra realtà interiore ed esteriore.
Intanto la Crisi è un passaggio “da una maniera di essere a un’altra”. E’ naturale pensare che intervenga quando un certo stato non è più adeguato, non regge più, non è funzionale o non è desiderabile. Non sempre amata o auspicata, la crisi è sempre trasformativa, certamente necessaria.
Perché così spesso dolorosa, allora? Prima di tutti governa la paura: di perdere, di quello che accadrà, di trovare una realtà peggiore. Eppure ogni cambiamento, in natura, porta sempre in sé i semi gloriosi della rinascita. Nell’inverno il seme si prepara a fiorire, nella notte il giorno avanza.
Possiamo quindi guardare alla crisi, ad ogni crisi come a una speranza di futuro migliore? Certamente sì, se possiamo cogliere le necessità di mutamento e guardare alle possibilità che germinano a volte inosservate.
Vale per le persone, per le società, per il mondo.
Ogni crisi è certo un rischio, per certi versi si scommette sull’imprevedibile, ma si può scommettere con coscienza di causa e soprattutto governare la paura.