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Analisi, yoga e meditazione

“In ogni analisi emerge una maggiore consapevolezza, grazie alla presa di coscienza delle rimozioni, delle proiezioni e così via. Il processo analitico provoca, in questo modo, un Sèampliamento della coscienza, ma resta immutata la relazione dell’Io con i suoi oggetti. L’Io, invischiato  nel conflitto con gli oggetti, è ancora coinvolto. Soltanto con il proseguimento dell’analisi si stabilisce un’analogia con lo yoga, per il fatto che la coscienza  è separata dai propri oggetti (v. Il Segreto del fiore d’oro). Questo distacco è strettamente collegato al processo di individuazione, che comincia con il Sé che si distingue dagli oggetti e dall’Io. E’ come se la coscienza si separasse dagli oggetti e dall’Io e migrasse nel non-Io, nell’altro centro, estraneo anche se originariamente suo. Questo distacco della coscienza è il liberarsi da tamas e raja, il liberarsi dalle passioni e dall’invischiamento nel regno degli oggetti. E’ qualcosa di cui non posso addurre ulteriori prove filosofiche. E’ un’esperienza psichica che praticamente si esprime in un senso di liberazione.

Ciò che in precedenza causava il panico non è più panico, si è capaci di vedere senza agitazione la tensione degli opposti. Non si diventa impassibili, ma si è liberati dall’invischiamento. La coscienza si sposta in una sfera in cui mancano gli oggetti.

buddha e maraQuesta esperienza ha effetti anche nella vita pratica, e in modo davvero molto tangibile. Probabilmente è illustrata nel modo migliore dal racconto di Buddha minacciato da Mara. Mara lo assale con tutti i suoi demoni, ma il trono del Buddha è vuoto; semplicemente, lui non è più seduto lì. O come lo esprime il Rag-veda, I, 164: “Due alati, intimi amici sono appollaiati sullo stesso albero. Uno di loro ne mangia le dolci bacche, l’altro, sereno, osserva soltanto”. (C.G.Jung,  La psicologia del Kundalini Yoga –  seminario del 1932, Bollati Boringhieri 2014 pag. 127)

Comincio con le parole del grande studioso che, dopo lunga e intensa vita, divenne anche grande saggio. Già nel 1932 (ma anche precedentemente) tratta di argomenti che oggi sono diventati quanto mai attuali, a seguito delle molte influenze del pensiero orientale che si sono diffuse a livello di conoscenze e di pratiche quali la meditazione con le sue successive sistematizzazioni  – e anche strumentalizzazioni, e purtroppo a volte banalizzazioni.

La meditazione è sicuramente uno strumento efficace a favorire il distacco da quello che viene definito “il sè inferiore” (l’Io, in termini junghiani), di modo che il Sé superiore (Il Sé junghiano) possa manifestarsi. Per inciso, questo brano ci fa anche riflettere sulla riduzione a tecnica e strumento di benessere quello che ha una potenza così grande da preludere all’individuazione, cioè al passaggio di coscienza dallo stato dell’Io (con i suoi conflitti, problemi, bellezze e carenze) a quello del Sé, “centro regolatore della personalità”, e funzione superiore dell’essere umano che ha integrato i suoi differenti aspetti psichici.

Ma vediamo diampliamento coscienza commentare questo estratto denso di implicazioni e significati. (1)

Il fatto che un ampliamento di coscienza non determini automaticamente un cambiamento di vita, è una delle “critiche” che viene più mossa alla psicoterapia, in particolare quella analitica. Innanzi tutto io distinguerei (con buona pace del grande maestro, oppure del suo traduttore) “coscienza” da “consapevolezza”. Questa distinzione appartiene più al pensiero orientale, ma semplicemente per il fatto che in oriente da più tempo e con più profondità si è studiata la mente e sperimentati i suoi molti livelli e stati, ragion per cui esistono più termini per definirne le diverse sfumature (2). Non a caso la meditazione (che ha pure i suoi corrispondenti occidentali nella preghiera e nella contemplazione di origine religiosa) è una “metodica” assai sviluppata e applicata in oriente, da cui noi stiamo apprendendo molto, finalmente più liberi dalla presunzione e dal fanatismo religioso del medioevo.

ansia da esistereQuindi si può dire che l’analisi (e la psicanalisi) classicamente intesa, e le varie articolazioni metodiche che ne sono derivate, agisce nell’ambito della consapevolezza, ampliandola anche ispirandosi all’antico imperativo socratico “conosci te stesso”. Di certo, direi, è un pre-requisito importante al cambiamento profondo, eppure non sempre indispensabile, seppure molto spesso necessario.

Ma proprio nel cambiamento di visione, ovverosia di coscienza, si attua la possibilità di trasformazione e si verifica quel mutare di rapporto tra “l’Io e i suoi oggetti” di cui parla Jung.

Si potrebbe obiettare “ma chi se ne importa di questo cambio di rapporto”? E invece sta proprio lì la possibilità di “redenzione”, ossia di affrancamento dai “nodi” psichici e problemi conseguenti.

Il distacco dalla confusione tra me e l’oggetto dei miei desideri o avversioni, realizza la capacità di “pensare col cuore” anziché “con la pancia”: si è capaci di vedere senza agitazione la tensione degli opposti, di riconoscere l’altro e gli stessi oggetti dell’Io nella loro realtà. Come dice Jung qui sopra,  “non si diventa impassibili, bensì si vive un’esperienza psichica che, liberando dall’invischiamento, regala un senso di liberazione”. E, aggiungerei, di maggiore efficienza, lucidità e capacità di entrare in relazioni profonde e creative con sé e con gli altri, cioè fruttuose e trasformative, con il tempo anche al di là di se stessi cioè in ambito sociale.

compassioneNei gruppi di Auto Mutuo Aiuto di cui mi occupo da anni, lo sforzo di condividere esperienze dense di emozioni (e quindi a livello di vissuto quotidiano, anche “invischiato”), aiuta per molte cose, tra cui la possibilità di prendere quella giusta distanza che consente di riconoscere il mio nucleo più autentico e pieno di risorse, e  riconoscere l’altro come analogo e altrettanto “potente” di effettive capacità. Insomma, una via applicativa di quella ricerca di senso e di identità, basata sulla relazione sincera e com-passionevole (3).

pensare col cuoreMi hanno chiesto recentemente in un gruppo di intervisione dei facilitatori AMA, la differenze tra pensare (e quindi parlare) col cuore e con la pancia. Ho avuto molta difficoltà a definirla chiaramente; quanto posso dire è che si deduce dagli effetti. Quando penso con la pancia la mia coscienza è al livello dell’Io, sono invischiata, introvertita, incapace di ascolto e attenzione all’altro se non auto-riferita. Quando penso (e parlo) con il Cuore, la mia coscienza è al livello del Sé, sono libera seppur partecipe, aperta e in grado di agire connessioni anziché separazioni. Nell’un caso la “vista” è parziale, ottenebrata, conflittuale e confusa. Nell’altro è limpida, complessiva, chiara e risolutiva. Non è mica poco per imparare a pensare col cuore…

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(1) Il parallelo tra Yoga e Analisi era stato trattato da Jung in occasione del seminario indicato, che previde l’incontro di un esperto di yoga con Jung stesso, padre dell’analisi, derivata e scissa dalla psicanalisi di Freud. Le differenze tra psicanalisi e analisi junghiana possono essere approfondite con una semplice ricerca nel web. Basti dire in sintesi che Jung si distaccò dal pensiero freudiano (con un forte conflitto anche personale con Freud) proprio per le sue riflessioni e studi sulle funzioni superiori dell’essere umano quali motore dello sviluppo di coscienza e di personalità, nonché come origine di disarmonie nel momento in cui vengono represse o ostacolate.  Distinte dalla visione freudiana basata invece sulla centralità della sessualità e delle sue eventuali disarmonie come causa di nevrosi. Anche il sistema di pensiero e di interpretazione delle caratteristiche della psiche distingue Jung da Freud, ma qui sarebbe lungo e complesso descriverle (vedi concezione dell’inconscio, teorie sugli archetipi e l’inconscio collettivo, integrazione tra pensiero orientale e occidentale, tipi psicologici, … ecc.)
(2) E’ sempre affascinante ricordare come il linguaggio esprima la comprensione delle cose, nata dalla necessità. Famoso è l’esempio dei popoli del nord estremo, che hanno diversi termini per definire quello che per noi è semplicemente “neve”: per comunicare più efficacemente, nasce da una necessaria osservazione puntuale della realtà.
(3) Impariamo a distinguere il sentimentalismo – dell’ordine dell’autocommiserazione trasferita all’esterno –  dalla compassione, ritrovando il suo significato etimologico “patire con” – dell’ordine dell’empatia. Seguendo sul tema trattato, il sentimentalismo appartiene alla pancia, la compassione al cuore.

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